Nonostante il gusto personale giochi un ruolo fondamentale nella selezione di cosa ci possa piacere o meno, quando si parla di arte è fondamentale discernere isentimenti soggettivi che proviamo alla vista di un’opera dal suo valore storico artistico.
È consueto, alla vista di determinate opere (ad esempio “Concetto Spaziale” di Lucio Fontana o “Fountain” Marcel Duchamp) udire qualcuno contestarne il valore in base alla percepita bassa difficoltà di realizzazione (“Questo potevo farlo anche io”).
A questo punto è fondamentale porsi delle domande sul perché questo tipo di
osservazione sia sempre più frequente e rappresenti in larga parte l’opinione del
grande pubblico, estraneo alla critica artistica.
L’arte si è evoluta con particolare rapidità a partire dalle avanguardie, ribellandosi
all’accademia e ponendo sempre più attenzione verso aspetti intellettualistici,
reinterpretando, astraendo, smaterializzando e poi radicalmente rimuovendo il soggetto, ricercando la rappresentazione del concetto puro.
L’arte contemporanea rappresenta dunque un “punto morto” laddove, in senso puramente tecnico, sia l’adesione all’accademia, sia la totale sovversione alle sue regole sono state ampiamente indagate.
Con questa premessa è semplice capire come l’arte, nel corso dei secoli, è passata attraverso varie fasi in cui anche la stessa finalità della disciplina è mutata immensamente: dalla manodopera a scopo decorativo o educativo (sia in senso laico che religioso) ad una dimensione in cui l’aspetto artigianale e materiale conviveva con intenti espressivi e concettuali sempre meno velati, approdando infine alla trasformazione dell’arte in attività primariamente intellettuale, dove la materia si affianca al soggetto o lo sostituisce come mezzo di espressione, svincolando completamente l’arte dai mezzi tradizionali.